Volevo scrivere qualche riga di ringraziamento, per tutte le persone che mi hanno aiutata in questo anno che si chiude oggi e che ha cambiato la mia vita, portando in Parlamento il mio impegno politico. Due campagne elettorali, prima le suppletive a gennaio e poi le politiche a settembre, in cui ho avuto al mio fianco tante amiche e amici, compagne e compagni, a cominciare da chi ha proposto e creduto nella mia candidatura.
I ringraziamenti rimangono tutti, ma parlare di me, a questo punto, mi sembra davvero troppo piccola cosa. Si chiude il 2022, un anno che ne vale molti, non solo nella mia vita. Questi anni venti accelerano la storia, e ci chiedono di essere capaci di agire, se vogliamo dare nuovo senso alla democrazia, alla sua promessa di giustizia sociale, al riconoscimento dei diritti delle persone e soprattutto del loro essere attrici e attori della propria vita e di quella politica, ricostruendo il nesso tra l’una e l’altra.
La pandemia ci ha mostrato la vulnerabilità e l’interdipendenza che ci lega. Sembrava che l’Europa avesse aperto una nuova stagione, con un cambio di passo nelle politiche pubbliche e nelle priorità da affrontare. Ma la democrazia è resa fragile dalle disuguaglianze che l’attraversano, dalla paura cavalcata dalle destre, che vincono anche da noi, portando per la prima volta una donna alla presidenza del consiglio. Sconfitti innanzitutto perché siamo andati divisi all’appuntamento elettorale, ma la grande astensione e la fragilità del nostro insediamento sociale, ci chiedono un vera fase costituente del PD e della sinistra, che non può chiudersi nei tempi del congresso che siamo chiamati a fare.
Bisogna ricostruire un soggetto collettivo, un partito moderno, anche per affrontare e guardare negli occhi la questione morale, non solo condannando chi ha sbagliato, ma ridando dignità alla politica, che, soprattutto a sinistra, non può mai ridursi a carriera personale. Noi non siamo questo, ma bisogna dare più ragione sociale al nostro essere.
E’ stato l’anno della guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina, della resistenza di quel popolo, della difficile scelta di volere la pace nella giustizia. L’anno in cui la forza dei cambiamenti climatici ha bruciato, soffocato o gelato la vita nostra e quella intorno a noi. E’ cronaca quotidiana. Ma è anche l’anno della ribellione delle donne in Iran. Donna, vita, libertà sono le parole di una rivolta civile che non possiamo lasciare sola.
Sulla libertà e l’autonomia delle donne è in atto uno scontro nel mondo, l’ho ripetuto tante volte, lo abbiamo ripetuto insieme in tante, le destre illiberali offrono una risposta di ordine e sicurezza anche al cambiamento portato dalla rivoluzione delle donne. E’ una questione centrale, nella divisione del lavoro nel mondo, nella crisi della cura, nello sviluppo bloccato di questo Paese, una questione non solo di disuguaglianze di genere da colmare, ma di pensiero e trasformazioni da capire e sostenere.
Insomma tutto chiede di mettersi in ascolto, chiede discontinuità, disponibilità a cambiare.
Sono stata troppo lunga, troppe cose, che andrebbero approfondite. E lo faremo, facendo opposizione nel Parlamento e nel Paese, come ci insegnavano le nostre maestre e i nostri maestri.
Avevo iniziato a scrivere per ringraziare e fare gli auguri. In questo anno ci hanno lasciato tante persone a cui mi sentivo legata. Il 21 dicembre se ne è andato Alberto Asor Rosa, lo avevo frequentato più nelle comuni battaglie politiche che nelle aule universitarie. Perché la politica è anche questo, amicizia. Questo anno mi ha fatto conoscere nuove persone. Alle nuove e vecchie amicizie dedico le parole bellissime che Massimo Cacciari ha pronunciato in occasione della commemorazione laica di Asor Rosa (discorso che comunque consiglio di ascoltare nella sua interezza):
“Ce la possiamo fare se siamo amici. Gli amici sono coloro che si appartengono. Se riusciamo ad appartenerci … Se sentiamo che c’è qualcosa che ci lega ontologicamente, non soltanto per interesse, o per sentimento. Se sentiamo questo possiamo essere anche capaci di grandi imprese, di grandi opere come quelle che ha fatto Alberto, di grandi imprese come sarebbe quella di cambiare questo Paese, di comprenderne meglio le contraddizioni, di riuscire ad indicare delle vie d’uscita.
Sorride Alberto: non ci sono vie d’uscita. Ci sono vie lungo le quali procedere. Strade, come dice il poeta, che si fanno andando. Andare possiamo. Ma in politica, come nella ricerca scientifica, come ovunque, per andare e andando fare le proprie strade, bisogna essere insieme.”
Buon anno amiche e amici.