Dedichiamo questo 8 marzo alle donne ucraine, la cui vita è stata sconvolta dalla guerra.
A chi nel proprio Paese resiste, a chi si è messa in cammino per fuggire dai bombardamenti.
Alle tante che vivono in Italia, che ogni giorno incontriamo nelle nostre strade, nelle case o negli uffici, e che stanno organizzando l’invio di aiuti e l’accoglienza di chi arriva.
E noi con loro.
Dedichiamo questo 8 marzo al coraggio delle donne russe che stanno opponendosi alla guerra di Putin.
Alle donne afghane.
Dedichiamo questo 8 marzo alla sorellanza e alla pace.
Guarda il mio intervento completo:
Nell’Italia che usciva dalla distruzione della seconda guerra mondiale le donne scelsero la mimosa, come simbolo di questa giornata perché cresceva spontaneamente, era popolare.
Questa è la giornata di tutte noi, delle lavoratrici, delle casalinghe, delle studentesse.
Quest’anno dedichiamo questo otto marzo alle donne ucraine, la cui vita è stata sconvolta dalla guerra. A chi nel proprio Paese resiste, a chi si è messa in cammino per fuggire dai bombardamenti. Alle tante che vivono in Italia, che ogni giorno incontriamo nelle nostre strade, nelle case o negli uffici, e che stanno organizzando l’invio di aiuti e l’accoglienza di chi arriva. E noi con loro.
Dedichiamo questo otto marzo al coraggio delle donne russe che stanno opponendosi alla guerra di Putin.
Alle donne afghane.
Dedichiamo questo otto marzo alla sorellanza e alla pace.
Ovunque le donne sono protagoniste del cambiamento e spesso per questo sotto attacco. Come ha sottolineato il grande storico Eric Hobsbawn, la rivoluzione femminile è stata l’unica rivoluzione riuscita del Novecento.
E’ successo qualcosa di irreversibile nel secolo scorso, ovunque, è successo nelle menti e nei cuori delle donne. Come diceva Mariella Gramaglia, che ha seduto anche in questa Aula, è successo “quando i cuori delle donne hanno cominciato a cantare solo quando ne avevano voglia loro”.
E’ la scoperta dell’autonomia, che agisce dentro una trama di relazioni, che rende ognuno persona in senso pieno, che fa della maternità una scelta e non un destino.
Ma conosciamo la fatica di questo cammino.
In questa Aula più generazioni di donne, di diversi orientamenti politici, hanno scritto le leggi che lo hanno accompagnato, inverando il lavoro delle nostre madri costituenti.
Lo abbiamo visto anche nella Pandemia. Le donne in prima fila, ma le donne rischiano di pagare il prezzo più alto, dalla violenza domestica alla precarietà del lavoro, al sovraccarico di lavoro di cura.
Il lavoro delle donne muove il mondo, ma troppo spesso non viene riconosciuto. Perché gran parte di questo lavoro è gratuito, riguarda la cura e la riproduzione della vita e ci viene affidato come compito minore e socialmente poco rilevante. Un errore per noi tutti e una gabbia per tante donne.
Siamo quotidianamente alle prese con numeri feroci sulla condizione femminile, in Italia e nel mondo, che misurano il divario di genere e le disuguaglianze.
La disuguaglianza non si risolve solo intervenendo sulla disparità dei numeri, ha bisogno di nuovi sguardi e nuove parole, di una cultura che sostenga la libertà dalla violenza maschile, dagli stereotipi di genere, da ogni forma di condizionamento.
Insieme, dentro e fuori le istituzioni, abbiamo segnato di questo sguardo nuovo il PNRR: ottenendo La parità di genere come una delle tre priorità trasversali e l’intero Piano valutato in un’ottica di gender mainstreaming.
Abbiamo legato il tema dell’occupazione femminile e della sua crescita all’investimento nel welfare e nella condivisione del lavoro di cura.
Liberare il tempo delle donne, questo è l’obiettivo.
Per questo è essenziale il “piano asili nido” e che sia efficace nel contrastare i divari territoriali.
E’ tema che riguarda la qualità della convivenza, e delle nostre società, il futuro della bambine dei bambini. Così come essenziale è la riforma della non autosufficienza.
Quest’aula ha votato la legge sulla parità salariale, sappiamo che richiede più interventi, in più direzioni.
Abbiamo imposto finalmente il tema tra le priorità politiche del Paese e del governo, ottenuto il fondo per l’imprenditoria femminile, ma ci vuole più coraggio, colleghe e colleghi.
Più investimenti, per promuovere realmente la condivisione della cura. Più coraggio per un orizzonte paritario nella possibilità di utilizzare i congedi di paternità e maternità, altri Paesi lo hanno fatto.
Più coraggio nel far applicare la clausola sull’occupazione giovanile e femminile del PNRR. Più coraggio nel cancellare l’ultimo segno patriarcale del dirtto di famiglia e fare la legge sul cognome materno.
Non sono questioni di donne, riguardano la qualità del nostro sviluppo e della crescita, bloccato dalle diseguaglianze. La Pandemia ci ha insegnato quanto è importante il prendersi cura, la pandemia ci ha insegnato che mettere al centro solo la produzione ammala, in senso letterale.
Colleghi uomini, la libertà delle donne riguarda anche voi, chiede rispetto, cambiamento, condivisione di un’idea paritaria, che è quella della Costituzione, della democrazia, delle relazioni familiari, della società. Noi non torniamo indietro, siate alleati di questo cammino.