pubblicato su ingenere il 18/2/2015
“Un’idea, un concetto, un’idea finché resta un’idea è soltanto un’astrazione, se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione” cantava Giorgio Gaber, probabilmente sottovalutando la potenza e la concretezza degli spostamenti simbolici e culturali. Mariella Gramaglia amministratrice locale ha fatto le sue rivoluzioni, lasciando il segno del suo passaggio. I romani le devono alcune idee che ancora oggi contribuiscono a semplificare il complicato rapporto tra cittadini e amministrazione in una grande realtà urbana come quella della capitale. Penso allo 060606, per citare la più famosa.
Quando decise di interrompere l’esperienza romana e di andare in India a seguire il lavoro del grande sindacato femminile Sewa, parve anche quella una piccola rivoluzione. La sua scelta in qualche modo coinvolse anche me perché il sindaco Veltroni mi chiamò a sostituirla. Mi tremavano le vene ai polsi all’idea. Mariella era una personalità autorevole del femminismo. Aveva un suo tratto distintivo di attenzione alle libertà individuali e ai diritti delle persone non scontato nella tradizione della sinistra italiana. Era arrivata all’esperienza amministrativa dopo esser stata giornalista, direttrice di Noidonne e poi parlamentare della Sinistra indipendente. Quando ci incontrammo per il nostro avvicendamento era ormai da tredici anni al Comune di Roma: da sei era assessore alla semplificazione amministrativa, la comunicazione e le pari opportunità nelle giunte Veltroni, ma già con Rutelli era stata prima direttore dell’ufficio tempi e orari della città e poi vicedirettore generale, curando in particolar modo il sito istituzionale e la rete civica sul web.
Ho vivissimo il ricordo del nostro appuntamento: il modo in cui puntigliosamente mi spiegò il funzionamento dell’assessorato e del dipartimento e si rammaricò per le cose che lasciava in sospeso; l’attenzione che dedicò a illustrarmi le persone che lavoravano con lei. Non credo di averle mai detto quanto quell’incontro abbia agevolato il mio lavoro nei mesi successivi. Me ne aveva parlato come di una grande responsabilità, ma anche come di qualcosa che poteva essere affidato ad altri perché era per sua natura pubblico, lei non ne era la proprietaria. Era il frutto del lavoro di tanti al servizio di una comunità di cittadini. Ognuno ci metteva il suo (ed infatti si soffermò a descrivere le qualità del contributo delle singole persone che avevano collaborato con lei), ma “i frutti son di tutti”, come nello stato di natura di Rousseau.
Mi ricordò il “tutto è in prestito” di Szymborska, a significare la consapevolezza che deve avere chi abita un ufficio pubblico o ricopre un incarico istituzionale. Mariella ha abitato le istituzioni con questo spirito di servizio e senso di responsabilità pubblica.
“Pazienza e tenacia. Quando mi chiedono quali siano le doti più preziose di un amministratore pubblico non ho dubbi, le ripeto sempre in coppia. Pazienza nel comporre interessi e punti di vista, tenacia nel perseguire l’innovazione” sono sue parole che introducono Il tempo è un diritto un quaderno del Comune di Roma che illustra i progetti di semplificazione attivati dall’amministrazione.
Un testo breve, come sono le introduzioni degli assessori. Ma in quelle righe è chiaramente esposta la scelta di usare la comunicazione istituzionale e l’innovazione tecnologica per includere. Era un progetto democratico di città aperta e solidale a cui lavorava dal 1994. Roma veniva dal disastro delle giunte di pentapartito. Andava ricostruito il senso del pubblico, dello spazio urbano condiviso, dell’appartenenza a una comunità, di cui il Sindaco direttamente eletto avrebbe dovuto farsi interprete. Lei porta in quell’esperienza la riflessione delle donne sui tempi di vita e di lavoro, la critica ad un’organizzazione degli orari funzionale ad una divisione sessuale del lavoro, messa in discussione dalla libertà femminile, dalle trasformazioni demografiche, dai nuovi bisogni.
Quel centro-sinistra aveva in testa una comunità non chiusa, ma attraversata dalle differenze, di sesso, di generazione, di cultura, di religione. Nasce così il piano dei tempi e degli orari, ricco di progetti che hanno a cuore una città armoniosa, attenta per esempio alla genitorialità e alle nuove esigenze di flessibilità.
Mariella guarda ai cittadini come soggetti di diritti e portatori di interessi generali. Una risorsa da mobilitare per costruire nuova cittadinanza. In nome di questo convincimento dovrà anche affrontare conflitti e superare resistenze. Chi ha lavorato con lei la ricorda come una persona che chiedeva molto. Capacità visionaria e attitudine artigianale hanno reso possibile la rivoluzione del nuovo call center del comune, che consente all’amministrazione di dare informazioni ai cittadini in modo diretto, caldo (perché a rispondere è una voce umana) e immediato. Attivo 24 ore su 24, i cui tempi di attesa vengono quotidianamente monitorati. Prima di diventare operativo fu testato per alcuni mesi da associazioni di cittadini. Una attenta verifica di funzionalità per quella che doveva essere una grande porta di accesso al comune, affidata ad un mezzo familiare come il telefono. Del resto tutta la comunicazione fu ripensata a misura di cittadino, non solo attivandosi per raggiungerlo, per esempio usando gli sms, ma soprattutto sburocratizzandone il linguaggio. Lavorando dunque non solo alla creazione dei servizi online, ma anche alla loro immediata fruibilità. E-goverment e sviluppo del wi-fi, viaggiarono insieme all’impegno nella Fondazione Mondo Digitale per contrastare il digital divide, alla valorizzazione di tutte le esperienze di scambio tra cittadini, come le banche del tempo. Con lei finalmente la Casa Internazionale delle Donne di Roma fu assegnata alle associazioni femministe, offrendo alla città uno spazio di incontro, ricerca e politica interamente autogestito. Anche nell’impegno contro la violenza di genere Mariella lavorò coinvolgendo la cittadinanza nei progetti di prevenzione. Allo stesso modo gli interventi per la piena cittadinanza delle persone lgbtq a Roma (come la gay help line e la formazione per gli operatori delle anagrafi e i vigili urbani) furono condivisi in un tavolo che coinvolgeva l’associazionismo lgbtq.
Visione di città e impegno quotidiano, convivevano in un’azione amministrativa in continua relazione con le associazioni di cittadini e persino con i singoli. Una relazione che si pensava paritaria. Mariella voleva che si rispondesse a ogni mail o lettera, possibilmente telefonando.
Era un modo di fare coerente con la sua idea della politica e con il suo modo di abitare il mondo. Mariella era una donna profondamente curiosa e coinvolta dalle vicissitudini delle umane genti ed un’attenta tessitrice di relazioni e connessioni. Un modo di essere che tanto servirebbe oggi, in questa Roma slabbrata e sofferente.