Bozza/scaletta
Nell’ultimo coordinamento, tenuto il 3 luglio a cui ha partecipato la segretaria Elly Schlein, ci eravamo lasciate con l’impegno a promuovere il percorso di rinnovamento Conferenza, tanto più necessario dopo il congresso costituente del PD.
Vi propongo di farlo in due fasi:
1. Oggi lanciamo campagna di adesione alla Conferenza, che si chiude il 31 dicembre. Per questo abbiamo predisposto un link su un’apposita pagina della conferenza, donnedem.it, che inauguriamo in questo modo e che sarà poi utilizzata dalla nuova Conferenza delle democratiche.
2. Diamo mandato al gruppo regole di ridefinire il regolamento per l’elezione della Portavoce nazionale e del coordinamento, definendo in particolare il rapporto tra delegate e voto su possibili piattaforme delle candidate, siano una o più di una. Riconvochiamo entro dicembre il coordinamento per approvare tale regolamento, eleggere la commissione congressuale e decidere i tempi delle assemblee regionali e di quella nazionale, presumibilmente gennaio/primi febbraio.
Abbiamo scelto link nazionale, donnedem.it che segnalerà ai territori le adesioni arrivate, per avere un’anagrafe trasparente e condivisa. Chiaramente questo non esclude la relazione ravvicinata, si può fare iscrizione insieme, per esempio usando il cellulare.
C’è stata una riunione promossa con l’organizzazione nazionale, con i segretari regionali, il responsabile nazionale dell’organizzazione Igor Taruffi e la coordinatrice della segreteria Marta Bonafoni, insieme alle portavoce regionali o le referenti della Conferenza. Abbiamo chiesto il sostegno organizzativo anche per rinnovare le vecchie adesioni e promuovere la campagna di adesioni tra le nuove iscritte al Pd. Ci saranno card per le adesioni e, come ho detto, una pagina autonoma.
Questi però non saranno, non potranno essere mesi di stasi, al contrario il percorso di adesione alla Conferenza non può non essere anche un percorso di iniziativa politica. Intanto perché le scelte del governo, la manovra di bilancio, lo rendono necessario.
Ma soprattutto quello che sta succedendo nel mondo ci chiede di essere in campo per la pace. Il mondo esplode, questo ci chiede di più di politica e di lettura delle crisi, di mobilitazione delle coscienze di fronte alla guerra, le vittime innocenti, il ritorno dell’odio.
E vanno anche rese visibili le ragioni della nostra opposizione a questo governo e quelle del nostro stare insieme.
Perché aderire a Conferenza?
Come e in che modo si rinnoverà sarà oggetto del dibattito congressuale, della piattaforma o delle piatteforme di chi si candiderà a dirigerla.
È stata una discontinuità importante l’elezione di una segretaria femminista, ha attratto nuove forze, ma sappiamo che non basta da sola. Serve un impegno, una chiara indicazione della centralità delle donne nella nostra proposta politica. Scelte che possiamo ribadire in documenti e volantini, ma che diventano credibili soprattutto nel nostro esserci concretamente al fianco delle donne e delle ragazze.
Vi propongo di farlo in particolare attorno a quattro questioni, che incrociano i punti che il PD ha indicato per l’estate militante, la battaglia per il salario minimo e la sanità, il percorso che porterà alla manifestazione dell’11 novembre.
1. Siamo sgomente di fronte a quello che sta succedendo in Israele e a Gaza.Come Pd abbiamo tenuto subito una posizione chiara contro l’attacco terroristico di Hamas, ma ferma anche nel sostenere che il diritto alla difesa di Israele deve avvenire nel rispetto diritto internazionale umanitario. Non è così. Bisogna dare alle cose il loro nome: quello di Hamas è un attacco a umanità, ma a Gaza c’è una gravissima violazione del diritto internazionale umanitario. Si sta verificando una catastrofe umanitaria, alla Camera abbiamo interrogato il governo con un question time. Dobbiamo esserci a sostegno dell’appello Onu per evitare escalation del conflitto, regione della convivenza pacifica tra due popoli e due stati
2. Esserci contro la manovra. Intanto valutare meglio, una volta che avremo il testo, la distanza tra i roboanti annunci della conferenza stampa di Meloni e le scelte reali. Abbiamo assistito a un modo insidioso di presidiare temi posti da noi, ma oscurando la realtà dei fatti. Vediamo le misure su congedi e natalità:
Un ulteriore mese di congedo parentale fino a che il bimbo compie 6 anni al 60% della retribuzione (che si aggiunge a quello all’80% dell’anno scorso). Bene, continuiamo a pensare che tema sia congedo paritario di paternità al 100% perché altrimenti continuerà ad essere una misura a cui accedono solo le donne.
Decontribuzione delle madri con due figli o più: non pagano i contributi a loro carico, quindi un poco di soldi in busta paga, fiscalizzati dallo Stato. Fino all’età di dieci anni del figlio più piccolo se due figli o 18 anni del figlio più piccolo se più di tre figli. Una misura per chi già lavora, donne che nel 75% dei casi risiedono nel Centro Nord. La zona dove più alto è il tasso di occupazione femminile
Asili nido 150 milioni per il bonus asili nido, quindi già non basta a fare quello che è stato dichiarato da Meloni in conferenza stampa, la gratuità per secondo figlio. Legge vigente 563 milioni aumentano di 150, va a sostenere famiglie che possono permetterselo rimborsa costi. Anche in questo caso una misura che premia le aree dove i nidi ci sono. Non tocca disparità territoriali e ancora una volta non si guarda a nido come luogo educativo, che deve essere garantito a prescindere dal numero dei figli. Non interviene sul fondo 0-6 e sugli impegni per garantire la copertura sul territorio nazionale dei nidi. In ogni caso dura dodici mesi.
Dunque, una manovra che parla solo alle donne madri, non fa nulla di strutturale, non interviene sull’emergenza del Paese, che è l’occupazione delle donne.
Pensioni: opzione donne e ape sociale sostituiti. Per opzione donna nel passaggio dal 2022 al 2023 si è ristretto molto nella platea (caregiver, invalide disoccupate), e anche sul requisito di età: 60 anni invece che 58 (dipendenti) e 59 (autonome)
Per ape sociale attualmente è 63 anni di età e 30 di contributi (disoccupati e invalidi) o 36 per i gravosi.
Della misura sembrerebbe esserci restrizione per le donne, accesso portato a 62 anni.
-Sanità, soldi 136 miliardi ha detto Meloni. Due miliardi per il contratto erano già messi da Speranza, aumento solo 3 miliardi. Sulla sanità si sta costruendo iniziativa unitaria con le opposizioni. Marina Sereni potrà parlarcene. Nella nostra mozione presentata alla Camera tra i punti c’è anche l’investimento piattaforma su sanità investimento sui consultori e l’applicazione della legge 194.
3. Autodeterminazione donne. Il 28 settembre, giornata dell’aborto sicuro, abbiamo partecipato alle iniziative promosse da una rete di associazioni, aderendo alle loro richieste, in particolare sull’aborto farmacologico, per l’applicazione linee guida nazionali e la di assumere le linee guida dell’OMS. A 45 anni da approvazione legge siamo dentro contrattacco, conosciamo il boicottaggio delle regioni governate dal centrodestra. Se stiamo ai dati anche dell’ultima Relazione, finalmente arrivata, in grande ritardo, si onferma la diminuzione sia del numero totale di aborti effettuati in Italia dal 1983 (63.653, -4,2% rispetto al 2020) sia del tasso di abortività, che indica quanti aborti vengono effettuati ogni 1.000 donne fra i 15 e i 49 anni e che nel 2021 è stato pari a 5,3 interruzioni ogni mille donne, registrando un -2,2% rispetto all’anno precedente. “Inoltre, il 47,2% delle donne che ha abortito nel 2021 ha un lavoro, e il 59,5% è nubile, dato, quest’ultimo, in controtendenza rispetto al primo decennio dopo la legalizzazione dell’aborto, dove la maggior parte delle donne che ricorreva all’Ivg era sposata, ma in linea con la diminuzione complessiva dei matrimoni nel nostro paese, che vede a oggi una maggioranza di nubili sul totale della popolazione. E se il numero di aborti effettuati dalle donne straniere è in calo – con 17.130 interventi effettuati nel 2021 a fronte dei 40.224 del 2007, anno in cui si è registrato il valore più alto in assoluto – confermando una tendenza in atto da anni, il tasso di abortività di queste donne resta comunque più elevato rispetto a quello delle italiane, essendo risultato pari a 12,0 per mille donne nel 2020, ultimo anno per cui si dispone del dato: oggi, le straniere che abortiscono in Italia rappresentano il 27,1% del totale nazionale di donne che ricorre all’interruzione volontaria di gravidanza, dato che probabilmente ci parla anche degli ostacoli culturali e linguistici che comportano un mancato accesso a informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva, come la possibilità di ricorrere alla contraccezione. Mentre i consultori familiari si confermano un punto di riferimento per le donne sul territorio, essendo risultati la tipologia di struttura che ha rilasciato il maggior numero di certificazioni per richiesta di Ivg (42,8%), c’è da considerare poi che questi dati non tengono conto degli aborti clandestini, per i quali la stima più aggiornata è quella contenuta nella relazione del Ministero della Salute del 2018, relativa al 2016. Sul fronte dell’aborto farmacologico, utilizzato nel 48,3% degli interventi, ci sono ancora forti squilibri a livello regionale, che si evidenziano anche nella percentuale dei ginecologi obiettori di coscienza – il totale nazionale è pari al 63,6% (da ingenere). Anche sulla relazione chiediamo che venga fatta con dati aperti e leggibili.
4. Violenza contro le donne. Avevamo già presentato nostre proposte in una conferenza stampa con la segretaria Elly Schlein. Abbiamo attraversato un’estate feroce, l’ultimo caso, il femminicidio di Concetta Marrucco, situazione in cui erano stati applicate le misure cautelari, lo stesso braccialetto elettronico, ci chiede di essere attente a capire come intervenire, oltre facili slogan. Lo abbiamo detto subito, serve la formazione e una rivolta culturale. Ci siamo dette disponibili a collaborare sul testo del governo sulle misure cautelari, che parte anche da lavoro fatto nella scorsa legislatura dalla Commissione femmincidio presieduta da Valeria Valente. Adesso la discussione è in commissione giustizia della Camera, dove la prima firmataria della nostra proposta è Sara Ferrari, che dovrebbero raggiungerci per raccontare come sta andando. Abbiamo le nostre proposte sulla formazione e sull’educazione all’affettività.
Se mettiamo insieme queste cose, l’approccio punitivo che è la cifra identitaria di questo governo, qui non ho tempo di dire del decreto Caivano, l’invito alla maternità come unica soluzione della questione della denatalità, emerge la dimensione retrograda e reazionaria, non saprei definirla diversamente, delle politiche di genere della destra. La valorizzazione della differenza è in funzione del ruolo materno, non c’è nessuna apertura, nessun riconoscimento della responsabilità e della libertà delle donne. Nessuna messa al centro delle donne nelle politiche, che è il vero ritardo strutturale del nostro Paese. Eppure, nell’esperienza del Covid, nella discussione Pnrr, era emerso finalmente nel dibattito pubblico come tema rilevante.
Ma è stato cancellato dal governo di destra nella sua dimensione strategica. Le scelte politiche di questo governo mostrano questo, aggiunto al tentativo di mettere in discussione la nostra cultura, la storia del movimento delle donne e le sue conquiste.
Così leggo anche l’attacco scomposto, e fuori da ogni grammatica istituzionale, ma in questo governo su questo i ministri fanno a gara, della ministra Roccella al femminismo del Pd che cancella il genere, usando come pretesto un’applicazione del Codice del terzo settore che chiede in Emilia-Romagna ad alcune Udi territoriali di togliere dallo statuto la dizione sull’esclusione degli uomini per quel che riguarda la possibilità di iscriversi. Invece di adoperarsi come ministra per chiarire le modalità di iscrizione all’albo terzo, con la sua collega Calderone, si accusano le opposizioni, è la spia di questo atteggiamento. L’opposizione all’opposizione, invece di aiutare a risolvere, fornire un’interpretazione che consenta all’Udi di iscriversi ad albo. Roberta Mori è intervenuta con un’interrogazione in Regione Emilia-Romagna, lo stesso anche noi in Senato.
Penso che questo primo anno del governo di Giorgia Meloni motivi ancor più la scelta di avere un luogo autonomo e le ragioni di un’iniziativa politica rivolta alle donne.
Al netto della rottura simbolica della prima donna presidente del consiglio, credo sia evidente come, per dirla con le parole della filosofa Chiara Bottici, “il femminismo non vuol dire donnismo, ossia superiorità morale e politica delle donne in generale o di certe, fortunate e potenti, donne in particolare. Femminismo vuol dire critica delle discriminazioni” (Femminismo non vuol dire donnismo in Sotto il vulcano, n.8/10, agosto 2023)”
Il riconoscimento e la valorizzazione della differenza non possono ridursi a un semplice richiamo al comune essere donne, come puro dato biologico. La stessa conferenza non a caso non è automaticamente composta da tutte le iscritte al Pd, ma è un luogo scelto, aperto anche alle non iscritte. Nello stesso tempo ambisce a parlare alle donne della società, non ha come pura missione quella di attuare la democrazia paritaria nel partito, cosa importante chiaramente e spesso ancora molto difficile. Perché non basta avere una segretaria femminista per fare del PD un partito femminista.
Nel caso di Meloni siamo di fronte ad un utilizzo dello sfondamento del tetto di cristallo in chiave revisionista, contro una storia di battaglie delle donne.
Sempre Chiara Soffici parla di mito dell’ape regina (che lei usa anche per Thatcher) L’ape regina può governare proprio perché è l’unica donna in un mondo di uomini. In una fase di crisi del patriarcato donne di destra confermano “uomocrazia”, incarnano la reazione: famiglia naturale, dio, patria, in modo nuovo e moderno.
Penso che tutto questo motivi ragioni impegno, l’invito alle donne a farsi protagoniste della costruzione dell’alternativa. L’11 novembre ci sarà la manifestazione nazionale PD. Propongo di arrivarci con le nostre proposte, le iniziative territoriali e un’iniziativa politica nostra di caratetre nazionale, verso l’11 novembre.
Abbiamo bisogno di un percorso di promozione delle adesioni che sia politico, per una Conferenza più forte, guardando ad Europa, ad un appuntamento fondamentale che ci aspetta l’anno prossimo.
Fatemi chiudere con una nota positiva, salutando il risultato della Polonia anche come grande risultato delle donne, della loro capacità di mobilitazione in quel Paese. Si apre una pagina nuova, e non è cosa da poco.