Alla buon’ora, dopo 30 anni di militanza politica, a soli 45 giorni dalle elezioni in cui si candida a governare l’Italia, Giorgia Meloni ha sentito la necessità di prendere le distanze dal fascismo e dalle leggi razziali. Nonostante quella fiamma tricolore, pensata da nostalgici della Repubblica di Salò, che ancora campeggia nel simbolo del suo partito.
Ma è il futuro che propone che ci preoccupa. Dio patria e famiglia – naturale chiaramente – quell’idea di società autoritaria e illiberale che condivide con il suo amico Orban e l’estrema destra spagnola.
Nemici dei diritti e della libertà delle donne, che vogliono possibilmente a casa a fare figli, perché prima di tutto sono madri. Quelli che hanno rigettato la Convenzione di Istanbul contro la violenza contro le donne. Quelli che agitano lo spauracchio di fantomatiche teorie gender per boicottare l’educazione contro gli stereotipi nelle scuole.
Quelli che in Italia non hanno il coraggio di mettere in discussione l’aborto legale, perché troppe volte sono stati sconfitti, ma della 194 va bene solo la prima parte e nelle regioni dove governano loro fanno di tutto per boicottarla.
Non basta essere donna per essere dalla nostra parte.
Dalla parte della libertà. Le donne diventano madri perché lo desiderano, maggiormente in quei paesi dove sono libere e possono scegliere, dove hanno un lavoro e servizi che funzionano, dove c’è più parità nella condivisione tra uomini e donne del lavoro di cura.
Questo è il futuro che vogliamo: congedi paritari, piano per l’occupazione femminile, premialità per l’occupazione femminile e giovanile, parità salariale, potenziamento dei nidi, scuola d’infanzia obbligatoria e gratuita. Un’Italia più giusta e più forte perché più paritaria.
Il 25 settembre scegliamo il futuro, democratico e progressista.