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Dar voce all’esperienza. Dieci storie di Pma

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In fondo al desiderio, lì vuole andare Maddalena Vianello con il suo libro. Per farlo racconta di sé e di altre nove donne che hanno fatto ricorso alla procreazione assistita per esaudire il desiderio di diventare madri.  E’ un libro che dichiara subito l’intenzione politica di rompere il silenzio attorno a questa esperienza. Maddalena Vianello lo conosce bene, è stato innanzitutto il suo. Quindi decide di parlare e mettersi a nudo lei per prima. E’ un gesto politico e come tale viene rivendicato.

Su tutte queste storie incombe la terribile legge 40, che tratta la sterilità come una malattia e una malattia di coppia, il funzionamento del servizio sanitario nazionale, i suoi tempi impossibili. Ma, al di là della denuncia del contesto, dei costi economici, delle disuguaglianze di opportunità che in questo campo ci sono, oggetto vivo della narrazione è il desiderio e i suoi limiti, il corpo e i suoi vincoli, l’esperienza della maternità nello scenario delle tecnologie riproduttive. Innanzitutto è una presa d’atto, dichiarata fin dalla quarta di copertina: tanti sono i modi in cui bambine e bambini possono arrivare.

E qualche volta il fatto che arrivino ha del miracoloso, scopriremo leggendo, perché la verità è che del corpo e del suo rapporto con i desideri non sappiamo tutto. Ma non vi preoccupate, il libro rimane alla realtà. E’ soprattutto un racconto dell’esperienza, quella che è mancata molto nel dibattito sulla legge approvata nel 2004 e nella campagna referendaria del 2005, stretta tra tecnicismi medico-scientifici e imperativi morali. Un referendum fatto forse troppo presto. Non che il femminismo non avesse denunciato l’invasività e la pericolosità di quella legge, e il modo in cui riverberava sulla 194 e in generale sull’autodeterminazione delle donne, ma mancava l’esperienza e il tema sembrava coinvolgere un’assoluta minoranza di persone. Poi, come sappiamo è più volte intervenuta la Corte costituzionale a correggere le norme più inique e odiose, ma l’impianto della legge è rimasto quello.

Barbara Leda Kenny nell’introduzione fa un affresco dei mutamenti avvenuti nelle famiglie e nelle scelte procreative. Secondo i dati del ministero della salute il 15% della coppie incontra un problema di infertilità, secondo il Censis il dato arriva al 20-30% delle coppie italiane, di queste quasi il 70% con età compresa tra i 35 e i 40 anni.

Nel 2018 i nati grazie alle tecniche di procreazione medicalmente assistita sono il 3,2%. Probabilmente il dato aumenta se si includono le donne sole o lesbiche. Ma di tutto ciò si parla poco.

Per questo il libro è prezioso. Come ha scritto Annalena Benini su Il Foglio, allevia la solitudine e apre una discussione.

Partire da sé, è un gesto femminista. E gli incontri di questo libro, narrati con grande cura e grazia parlano prima di tutto di una relazione tra donne. Questo li rende vitali, anche se segnati da sofferenze, dà loro la capacità di trascendere il vissuto per farne sapere condiviso. In questo senso il libro interroga davvero il desiderio di maternità, illuminando la questione per tutte.

Dalle storie emerge il tema del fallimento, dello scoprirsi malfunzionanti perché sterili, inadeguate. E qui il silenzio, ma anche, a detta di alcune, la delusione a non trovare nel femminismo le parole per nominare il proprio desiderio di maternità.

Ma questo libro prende parola, interroga il silenzio –  innanzitutto il proprio come abbiamo detto – e “rivendica” uno spazio.  E questo è un bene, il femminismo penso sia proprio questo autorizzarsi a prendere parola a partire da sé. E credo che ogni generazione abbia le sue “urgenze” da nominare.

 

(Maddalena Vianello, In fondo al desiderio, Fandango, 2021, pp.234, 17 euro)

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