di Giovanna Casadio
30 DICEMBRE 2020 La Repubblica
Parla la portavoce delle donne dem che non ha perso un incontro con il governo e il premier Conte
“A gestire il percorso del Recovery Plan ci vuole un numero importante di donne. Oltre al fatto che in tutti i progetti che si faranno chiediamo di valutare l’impatto di genere”. Cecilia D’Elia è la donna del Pd che non ha perso un incontro con il governo e il premier Conte. Cooptata nella delegazione dem che è andata a discutere di verifica, programmi e risorse europee, non è parlamentare.
Lucana, laureata in filosofia, 57 anni, una passione politica a sinistra, due volte in giunta (al Campidoglio con Veltroni sindaco e con Zingaretti presidente alla Provincia di Roma) è la portavoce della Conferenza delle donne, l’organismo delle iscritte e simpatizzanti democratiche. Dice: “Qualcosa sta cambiando: le donne sono sempre più protagoniste. Il presidente Mattarella ieri ha insignito più donne che uomini. Con questo nuovo protagonismo delle donne la politica deve fare i conti”.
Cecilia D’Elia, ma i suoi compagni di partito la invidiano perché lei va a discutere nelle stanza dei bottoni, dove magari loro vorrebbero essere?
“Io vado in quanto portavoce della Conferenza delle donne che mi hanno eletto il 27 giugno scorso e perciò sono nella segreteria dem. Sono femminista da quando ero bambina, sono figlia di una femminista. Questa crisi innescata dall’emergenza Covid colpisce particolarmente le donne e quei settori dove c’è più occupazione femminile. Una buona parte delle osservazioni sul Recovery del Pd riguarda le donne”.
Non è che i partiti, in questo caso il suo, il Pd, l’hanno messa nella delegazione per la trattativa con il governo anche per non farsi dire che sono maschilisti?
“A parte che la presenza delle donne va sempre bene. Però non è formale per i Dem, ma di sostanza essere nei luoghi delle decisioni così da avere una democrazia paritaria. Qui c’è una cosa in più: il lavoro che come donne abbiamo svolto sul Recovery Plan è stato fatto proprio dalla direzione del partito ed è diventato un pezzo delle proposte dem. Sulla lotta alle disuguaglianze di genere il Pd sta facendo un percorso importante”.
E lei a Conte cosa ha detto negli incontri?
“Ho detto che per avere come obiettivo l’aumento dell’occupazione femminile, non basta la decontribuzione, ma bisogna mettere mano all’organizzazione sociale, liberando il tempo delle donne. Perciò ci vogliono infrastrutture sociali. Noi puntiamo tra l’altro a tre mesi di congedo di paternità e li continueremo a chiedere. Oggi in manovra intanto è passato l’aumento da 7 a 10 giorni per il congedo di paternità. Sono moltissime le altre cose da fare. Di certo la parità di genere è un asse strategico del Recovery Plan, insieme con la modernizzazione del Paese, la transizione ecologica, l’inclusione sociale e territoriale. Bisogna che il tema delle donne e della parità esploda. Nel Recovery comunque mi sembra ancora debole”.
Nelle osservazioni sul Recovery presentate dal Pd, cosa c’è su questo fronte?
“Più soldi per gli asili nido, piano che va potenziato se si vogliono “coprire” 750 mila bambini. Più investimenti nell’istruzione. Abbiamo chiesto al ministro Gualtieri che quando saranno sentite le parti sociali sul Recovery, siano ascoltate anche le associazioni di donne. L’impatto di genere nei vari progetti. Il fatto è che quando si dice di essere neutri, in realtà lo sguardo è solo maschile”.
Il Pd predica bene. Ma come razzola?
“Anche il Pd deve cambiare. Però va detto che se ci sono io, portavoce della Conferenza delle donne, nella delegazione dem è perché l’ottica del segretario Nicola Zingaretti è questa”.
Voi Dem avete una sola donna ministra, Paola De Micheli ai Trasporti.
“Ne avevamo altre due, che sono andate via, in Italia Viva. La segreteria del Pd è fatta per metà di donne. Roberta Pinotti, ex ministra della Difesa, ha proposto una legge sull’equilibrio di genere negli organi costituzionali, nelle autorità indipendenti, nelle società controllate e nei comitati di consulenza del governo. Diciamo che siamo in prima linea”.