Pubblicato su femministerie
Barriere invece che ponti. Divieti al posto del dialogo. La polemica estiva sul burkini, i divieti decisi da alcune municipalità francesi e la presa di posizione di Manuel Valls sulla sua incompatibilità con i “nostri valori”, danno voce al riflesso autoritario dell’occidente impaurito. Semplificano le differenze che animano il nostro spazio pubblico e, ancora una volta, fanno del corpo delle donne il terreno di un improbabile scontro di civiltà. Meglio di me Renata Pepicelli ha spiegato la differenza tra burkini e burqa e perché è un errore vietare questo indumento, pensato per permettere alle donne musulmane velate di farsi il bagno senza scoprire il proprio corpo.
Non so dire se indossarlo sia sempre frutto di scelta autodeterminata, credo sia corretto riconoscere alle donne che lo sostengono l’autenticità della loro convinzione e rispettare i modi in cui la libertà femminile decide di declinarsi. Le appartenenze culturali e religiose sono importanti e potenti; molteplici possono essere le strade dell’autodeterminazione.
Penso altresì che anche quando così non fosse, e dietro il burkini si nascondesse l’adesione forzata ad un codice patriarcale, il divieto sarebbe solo un’altra modalità autoritaria di imporre regole. Una forzatura che molto probabilmente provocherebbe solo chiusure identitarie. Molteplici sono le strade dell’autodeterminazione, sicuramente inefficaci le scorciatoie imposte dall’alto.