“Un miliardo di donne violate è un’atrocità” sostiene Eve Ensler, “un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione. Ballare significa libertà del corpo, della mente e dell’anima. È un atto celebrativo di ribellione, in antitesi con le forme oppressive delle costrizioni patriarcali”.
Così la drammaturga autrice dei Monologhi della vagina ci invita tutti a partecipare ad un flash mob mondiale il 14 febbraio, liberando i corpi nella danza per liberarci dalla violenza maschile contro le donne. Donne e uomini, in tutto il mondo, in queste ore stanno studiando i passi di quella che potrebbe diventare la più incredibile, straordinaria e planetaria manifestazione fin qui mai vista.
In Italia già 140 città hanno aderito alla campagna One billion rising attraverso l’azione di decine di associazioni e organizzazioni non profit, tra cui il movimento Se Non Ora Quando?, Emergency, G.i.U.L.i.A., l’UDI, la CGIL Toscana, ACTION AID, NO MORE. A Roma diverse associazioni, artisti e gruppi, stanno organizzando flash mob in molti luoghi da cui si confluirà alle 18.30 in una grande festa danzante alla Casa Internazionale delle Donne di Via della Lungara 9.
Farà bene all’Italia questo ballo collettivo. Nel giugno 2012 la Relatrice Speciale della Nazioni Unite sulla violenza contro le donne ha rivolto al governo italiano una serie di raccomandazioni, denunciando l’allarmante numero di casi di femminicidio, il persistere di un contesto maschilista, che giustifica la violenza, l’assenza di rilevamento di dati sul fenomeno, l’attitudine a rappresentare donne e uomini in maniera stereotipata e sessista.
Eppure la campagna elettorale parla quasi sempre d’altro. Ma la violenza contro le donne è questione politica. Non solo perchè servirebbero politiche pubbliche efficaci e investimenti consistenti, così come indicato dalla convenzione No more, per avere finalmente strumenti di conoscenza, servizi, formazione e una maggiore responsabilità dell’informazione. E’ politica perchè riguarda il cuore dell’esistenza e della vita delle persone, la sfera della libertà e reciprocità nel rapporto tra i sessi.
La libertà delle donne è venuta al mondo nel secolo scorso, cambiando la vita di tutti e mettendo in discussione una storia millenaria di controllo del corpo femminile. Uno straordinario salto della storia. E sappiamo quanto ci è voluto a inscrivere l’inviolabilità del corpo femminile nei nostri codici: secoli di dominio sembravano rendere troppo ardito considerare la violenza sessuale un reato contro la persona.
Ma c’è un passato che fatica a passare e si è nutrito e rigenerato nel ventennio belusconiano in cui la cultura predatoria e machista ha dominato la scena pubblica. Una scena di corpi femminili a disposizione, un sistema di cui lo scambio tra sesso denaro e potere era parte fondamentale, alimentato da una continua richiesta di complicità maschile da parte del sovrano seduttore. E’ politico il patetico siparietto di Berlusconi con l’impiegata di Mirano, come politici sono gli scandali sessuali che lo riguardano e che troppi vorrebbero dimenticare.
Ben venga questa danza e irrompa nella nostra campagna elettorale. Più di tanto chiacchericcio televisivo e delle elucubrazioni sugli scenari post-voto che assorbono le analisi del giornalismo nostrano, ci porterà al cuore del cambiamento necessario. Voltare pagina, restituire ai corpi la libertà del rispetto e dell’autodeterminazione. Voltare pagina alla ricerca delle risorse simboliche per una nuova educazione sentimentale.
Cecilia D’Elia