Italia bene comune: il nome della coalizione PD Sel Psi è già un programma. Per quel richiamo al nostro paese, alla sua tutela, a quella insurrezione civile che lo scorso anno ha sancito la fine dell’egemonia berlusconiana. Le primarie del centrosinistra sono l’occasione per sostenere il cambiamento. Noi voteremo Vendola, ma ringraziamo Laura Puppato di averci consegnato una fotografia non solo maschile, perché vorremmo che le primarie fossero un grande laboratorio politico, più che uno scontro tra leader. Si può fare, la Carta d’intenti ce lo consente.
Su queste pagine Roberta Agostini ha lanciato la proposta di un patto tra donne per far vincere l’alternativa. Ci interessa. Sel nasce con l’ambizione di contribuire a riaprire una partita, a ricostruire il campo largo della sinistra che deve ripartire dalla necessità di fare dell’Italia un paese per uomini e donne. Questo obiettivo, la presa sul serio della democrazia paritaria e finanche della libertà femminile, per stare alle parole della Carta d’intenti, sono davvero una rivoluzione della politica e una risposta alla crisi della rappresentanza e al furore dell’antipolitica.
Non basta mettere da parte l’arroganza, la misoginia e persino la scurrilità del discorso pubblico che ha dominato nel ventennio berlusconiano. Il 13 febbraio 2011 con Se non ora quando? le donne hanno terremotato la scena pubblica, ma quella domanda di cambiamento non ha ancora trovato risposte.
Una politica debole ha affidato a un governo tecnico il tentativo di uscire dalla crisi. Oggi è tempo di bilanci: siamo stretti tra politiche di austerità che colpiscono soprattutto le donne e l’incapacità di produrre lo scarto culturale necessario. Abbiamo bisogno di squarciare il velo che riduce al rango di scelte neutre le politiche contro le donne.
Per questo serve un patto tra donne. Per fare emergere la riduzione progressiva del Welfare italiano, mai universale e oggi neppure “lavorista”. Un lavoro oggi non assicura di per sé diritti sociali: quale diritto alla pensione o alla maternità per le lavoratrici sottopagate, in nero o precarie, nel privato come nel pubblico? Quale è il senso del lavoro che non c’è, soprattutto per le ragazze, o se c’è è privato di diritti e libertà, dalle dimissioni in bianco, dalle rappresaglie Fiat? E d’altra parte la riduzione dei servizi pubblici scarica sulle donne il Welfare che non c’è.
Sempre più donne lasciano il lavoro – dice l’Istat – per l’assenza dei servizi pubblici. Eppure l’Ocse, l’Onu, l’UE, la Banca d’Italia, lo stesso Governo italiano elencano dati per dimostrare che il lavoro femminile mette in moto l’economia perché determina domanda di beni e servizi e produce a sua volta altro lavoro.
Ma come stanno insieme questi pronunciamenti e la riduzione di investimenti pubblici, il taglio lineare della spesa in servizi, dei trasferimenti agli enti locali e l’azzeramento dei Fondi sociali nazionali, tra tutti quello sulla non autosufficienza? Sono ossimori tenuti insieme da una cultura politica che ha fallito, secondo la quale il lavoro è merce e il welfare un lusso incompatibile con il superamento della crisi e con la crescita.
Serve un patto tra donne, dunque, per affermare che, al contrario, dalla crisi si può uscire – oltre che attraverso scelte di politica industriale, di energia pulita, di investimenti in ricerca, in cultura, nella messa in sicurezza delle scuole e del territorio, ecc. – con il rilancio del welfare, generatore di domanda di qualità, di coesione sociale e di autonomia delle donne.
La crisi in Italia è economica, politica, civile, etica. Per questo serve un patto tra donne, per affermare una nuova cultura della libertà, della relazione tra i sessi, della cura e del vivere insieme, per lasciarci davvero alle spalle questo trentennio e le sue macerie.
Le primarie si terranno durante la Giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne. Una coincidenza da far diventare occasione di impegno del centrosinistra.
Cecilia D’Elia
Titti Di Salvo
Presidenza nazionale Sel
pubblicato da L’Unità, 6 novembre 2012