Il secondo sesso è libero!
Riflessioni a 60 dalla pubblicazione del libro di Simone de Beauvoir
(Intervento alla presentazione del “Secondo sesso”
Civitavecchia, 18 settembre 2012)
Come scrive Julia Kristeva nell’introduzione alla nuova edizione italiana de Il secondo sesso, “fatichiamo ancora a capire la portata di quello che è successo a metà del secolo scorso”. Questa difficoltà è un problema anche per la politica, per l’organizzazione della vita, del welfare, delle famiglie, degli affetti, del matrimonio. L’ha detto Simone de Beauvoir: “il secondo sesso è libero!”.
Sono passati oltre 60 anni dalla pubblicazione de “Il secondo sesso”, l’opera monumentale dedicata alla condizione di oppressione e di subordinazione delle donne, all’analisi di questo e alle possibili vie d’uscita.
Simone de Beauvoir fu insieme autrice di saggi, di romanzi, di memorie. In tutta la sua opera sembra esserci una connessione profonda tra filosofia e narrazione. Nella società del secondo dopoguerra, ferita da un conflitto terribile e tutta proiettata a rielaborare una concezione di convivenza sociale moderna, fondata sulla promozione di valori universali e condivisi come la libertà, la sovranità, la dignità della persona, il rispetto delle diversità ideali e culturali, de Beauvoir mette al centro della scena la concretezza della condizione femminile, decostruendo la cultura millenaria che ne ha sancito la subordinazione.
La straordinarietà di Simone de Beauvoir fu anche nell’essere stata una privilegiata, una donna indipendente e una intellettuale riconosciuta che mostrava alle altre donne come siano illusori i tentativi solitari di uscita dalla condizione di subordinazione femminile. La strada doveva essere collettiva, perchè“le donne vivono disperse in mezzo agli uomini”.
Il secondo sesso, nonostante sia un libro di filosofia, vasto e problematico, ha sempre incontrato un grande pubblico di donne comuni che lo hanno letto per capire e capirsi e per usarlo nel loro cammino di libertà. In Italia fu tradotto nel 1961. Il saggiatore ne ha curato una nuova edizione nel centenario della nascita dell’autrice (1908-1986), con l’introduzione di un’altra grande intellettuale francese Julia Kristeva. Nella post fazione, Liliana Rampello racconta proprio la storia della ricezione in Italia del testo.
Il libro si compone di due libri: il primo, I fatti e i miti, che a sua volta si divide in tre parti: destino, storia, miti. E il secondo libro, L’esperienza vissuta, è diviso in quattro parti: formazione, situazione, giustificazioni, verso la liberazione.
La seconda parte del libro si presta ad una lettura diffusa. E’ un viaggio tra le esperienze vissute dalle donne, raccontate con impietosa precisione, nei particolari per dire chi è la donna, per sottrarla ad un destino che le nega l’accesso alla storia. Qui la celebre frase “donna non si nasce, lo si diventa”.
La grande intellettuale deve dunque chiedersi cosa significa essere donna, non può far “come se” questo non fosse un dato essenziale della sua vita. E’ un percorso fino ad allora inedito. Come scrive Kristeva dimostra la “capacità di incarnare una filosofia politica della libertà nel microcosmo dell’intimo”, Simone de Beauvoir lo ha fatto anche e soprattutto nei suoi romanzi.
Nel secondo sesso leggiamo: “qui non si tratta di enunciare verità eterne ma di descrivere il fondo comune da cui ha origine ogni singola esistenza femminile”. Sottolineo, ogni singola esistenza.
Il dramma della donna, continua la de Beauvoir, “consiste nel conflitto tra la rivendicazione fondamentale di ogni soggetto che si pone come essenziale e le esigenze di una situazione che fa di lei un inessenziale”
E’ una via all’esistenza. Non c’è essenzialismo.
Simone de Beauvoir si assume la responsabilità del proprio destino – non fa finta di niente -, del mondo comune e, con libertà, attraversa tanti saperi.
Ha il coraggio, e sottolineo il coraggio, di attraversarli con un altro sguardo.
Poi le donne lo hanno fatto insieme negli anni 70 del secolo scorso, quando esplose il grande movimento neofemminista e arrivò a dire che donne si nasce.
Simone de Beauvoir è sola, un’intellettuale che si interroga.
La donna è l’altro assoluto, non l’altro di una relazione dialettica, in cui c’è riconoscimento: nella dialettica servo-padrone, c’è conflitto, dunque i soggetti si vedono.
La donna è l’altro assoluto, non c’è riconoscimento. E’ un sogno incarnato, si fa specchio dei desideri maschili. E’ esclusa dalla dialettica della relazione tra soggetti… E’ questo il paradosso di vivere dentro un mondo maschile ma “in una sfera in cui questo mondo è confutato”.
Ma convive con questa analisi la necessità di un reciproco riconoscimento con l’uomo.
Come tutte le donne pioniere Simone de Beauvoir è stata criticata, amata, odiata. Credo che tutte e tutti dobbiamo riconoscerci debitori nei suoi confronti per aver abbattuto, talvolta con la ridondanza che è propria delle avanguardie intellettuali, il muro di una menzogna culturale pericolosa e sempre in agguato. Per esempio, quella in virtù della quale la libertà e l’autodeterminazione sono sinonimi di individualismo e di rifiuto di responsabilità. E di avere in questo modo offerto alle donne della nostra generazione l’opportunità di pensarsi libere e di scegliere il proprio destino.