Scroll Top

Come ci siamo beccati Alemanno

x

da italia2013.org

Come ci siamo beccati Alemanno
Il 2012 si sta rivelando davvero amaro per il governo della città di Roma. Le svariate inefficienze emerse in occasione delle due nevicate, il rifiuto – che può sembrare più che giustificato, ma rappresenta un fatto inedito – da parte del governo di sostenere la candidatura olimpica, il continuo rinvio dell’ennesimo rimpasto di giunta, hanno nuovamente portato i cittadini romani ed italiani a chiedersi come è possibile che Gianni Alemanno sia (ancora) sindaco della capitale.

Per quanto ironica possa sembrare questa domanda, si tratta di un evento che ha delle ragioni precise, puntuali e non certo assurde, da ricercare negli avvenimenti cittadini e nazionali degli anni precedenti al 2008. A quattordici mesi dalle prossime elezioni comunali, è utile ripercorrerle insieme.

1) In primo luogo, come già analizzato in passato da Italia2013, la vittoria di Alemanno non ha coinciso con uno sfondamento della destra a Roma: Alemanno ha vinto conquistando nel ballottaggio 16 mila voti in meno di quelli ottenuti da Antonio Tajani nel 2001, quando quest’ultimo perse a vantaggio di Veltroni, e i suoi consensi sono rimasti contenuti all’interno della fascia di oscillazione del centrodestra negli ultimi vent’anni. È invece l’elettorato del centrosinistra a non essere tornato a votare: Rutelli ha perso 200 mila voti rispetto alla media del centrosinistra nello stesso periodo, ben 279 mila in meno di quanti ne prese lui stesso nel 1993 contro Fini.

Il “modello Roma”, esaltato per anni da alcuni giornali, consisteva soprattutto in un aumento del PIL molto superiore alla media nazionale. Tuttavia, secondo un’analisi condotta da Walter Tocci e Federico Tomassi, la crescita si è concentrata soprattutto nel settore dell’edilizia e in quello dei servizi, grazie alla continua crescita immobiliare in termini di zone residenziali e centri commerciali soprattutto a partire dal 2000, e grazie all’outsourcing di servizi operato dai grandi ex monopolisti pubblici. Ma una crescita fondata sullo sviluppo della rendita immobiliare ha fatto salire a dismisura i prezzi delle case – senza che vi fosse alcun aumento della popolazione a giustificarla: perciò, molti abitanti della città hanno ripreso a trasferirsi nei comuni dell’hinterland o nelle ultime lottizzazioni dell’estrema perifieria, peggiorando sensibilmente la propria condizione. Infatti, i nuovi insediamenti sono ancora privi di molti servizi basici e sono male allacciati ai trasporti pubblici, mentre per tanti abitanti la sede di lavoro è rimasta all’interno della città: l’aumento del traffico che ne è conseguito è solo il primo dei tanti problemi connessi con la ripresa di uno sviluppo sregolato e a macchia d’olio.

La crisi ha immediatamente colpito questi settori (edilizia, servizi), trascinando negli ultimi anni il “modello Roma” a un pericolosissimo contrappasso: la disoccupazione esistente in città è di 4 punti superiore alla media nazionale, mentre le case non si vendono più; l’attività edilizia a cui puntano oggi i costruttori riguarda sempre di più le infrastrutture pubbliche, di cui la candidatura olimpica doveva essere volano. Il Comune, a sua volta, si trova a gestire con meno risorse di prima un territorio urbanizzato ancora più esteso. Un territorio su cui la malavita riesce a mettere le mani con facilità.

Non è un caso dunque che al ballottaggio Alemanno abbia stravinto soprattutto nelle zone della città a cavallo o fuori dal Raccordo, oltre a conquistare il pieno sostegno del suo blocco sociale di riferimento. La saldatura sociale, urbanistica ed economica di questi quartieri con il resto di Roma è una delle principali “occasioni mancate” dalle amministrazioni di centrosinistra, e gli elettori lo hanno sottolineato non presentandosi alle urne, ritirando il consenso offerto in passato a Rutelli e Veltroni.

2) La candidatura di Francesco Rutelli viene da molti indicata come il fattore decisivo della sconfitta del centrosinistra nel 2008. In effetti, l’ex sindaco (1993-2001), oggi terza gamba della coalizione politica che comprende Casini e il suo ex avversario degli anni ’90 Fini, aveva suscitato ben pochi entusiasmi in città, quando il dimissionario Veltroni, lanciato sul palcoscenico nazionale come leader del PD, lo scelse personalmente come suo successore.

Lo scontento attorno al nome di Rutelli è da attribuirsi in parte alle giravolte politiche dell’ex leader radicale e verde, approdato poi alla guida della Margherita e protagonista di eventi fortemente caratterizzanti come il Family Day e la campagna per l’astensione al referendum sulla procreazione assistita – bisogna ricordare che Roma, nel 2010, fu invece uno dei pochissimi comuni del Lazio dove Emma Bonino riuscì ad imporsi con un certo vantaggio su Renata Polverini in occasione delle elezioni regionali. Inoltre, la nomina di Rutelli, come detto già sindaco per otto anni e già sconfitto alle politiche da Berlusconi nel 2001, avvenuta per di più senza passare per le elezioni primarie, è suonata a una cittadinanza già desiderosa di facce nuove come la proposizione di una “minestra riscaldata”. Rutelli dunque, senza il traino delle elezioni politiche contemporanee al primo turno, che nel comune di Roma hanno visto vincere la coalizione PD-IDV, ha perso al secondo turno quasi centomila voti – Alemanno ne guadagnava intanto più di 110.000 – ottenendo anche 50.000 voti in meno rispetto al candidato alla provincia Nicola Zingaretti, che invece riusciva a vincere il proprio ballottaggio contro Alfredo Antoniozzi del PDL. (Qui tutti i dati).

3) La concomitanza con le elezioni politiche che hanno riportato a palazzo Chigi Silvio Berlusconi ha sicuramente contato nelle amministrative romane del 2008. Da un lato infatti, parte della smobilitazione dell’elettorato del centrosinistra al ballottaggio può essere imputata alla delusione per la sconfitta nazionale di due settimane prima. Poi, perchè Rutelli aveva occupato il posto di ministro della Cultura e vicepresidente del Consiglio nel governo Prodi appena caduto, percepito in quel momento dall’elettorato come un’esperienza disastrosa. Infine, soprattutto, grazie all’abile sfruttamento, da parte del centrodestra, di un’”emergenza sicurezza” creata ad arte, e ormai diventata un caso di studio in Italia e all’estero.

Nei primi mesi del 2008 l’utilizzo del termine sicurezza nei telegiornali ha raggiunto un picco mai visto prima, per poi diminuire del 92% alla fine dell’anno rispetto ai mesi della campagna elettorale. Roma non ne è rimasta estranea: tutti ricorderanno la terribile morte di Giovanna Reggiani alla stazione di Tor di Quinto (visitata in seguito anche dall’allora presidente della Camera Gianfranco Fini). Gianni Alemanno e il centrodestra in generale hanno dunque potuto condurre una campagna aggressiva, centrata sui temi per i quali l’elettorato li riteneva più affidabili. Gli annunci del candidato del PDL, come la “soluzione” della questione dei rom e le ventimila espulsioni (generiche) da condurre a breve, non avevano suscitato sarcasmo come farebbero oggi, ma erano stati accolti con sollievo soprattutto nelle aree più periferiche. Altre questioni, fondamentali per la gestione della città, sono quasi sparite dalla discussione: traffico, ambiente, urbanistica. Il centrosinistra non ha saputo riportarle al centro del dibattito pubblico.

È da queste considerazioni, e da un processo di selezione della candidatura davvero partecipato e connesso ai bisogni della città, che il centrosinistra deve ripartire se non vuole tornare, tra un anno, a farsi la stessa, scomoda domanda.

(Riccardo Pennisi)