Saremo all’altezza della situazione? Ho nella testa questa domanda da quando sono arrivati i primi risultati di questa tornata amministrativa. Per esserlo bisogna intendersi innanzitutto su ciò che è avvenuto. Siamo alla fine di un ciclo, ad un voto che ha un carattere storico, o all’ ennesimo rovescio contingente di un gatto dalle sette vite, che continua ad avere una presa egemonica sulla società italiana? A me pare che il crollo a Milano, la mancata vittoria prima e la sonora sconfitta poi a Napoli, l’omogeneità del voto sul territorio nazionale siano la testimonianza di uno sgretolamento del berlusconismo come espressione politica nazionale dell’ideologia neo-liberista. Se è così, essere all’altezza della situazione vuol dire costruire proposte per l’uscita dal trentennio conservatore, governare il cambiamento. E qui si misura il superamento del vecchio schema delle due sinistre. Lo ha spiegato bene Barbara Spinelli (la Repubblica 1/6/2011): «Pisapia, Vendola, De Magistris guardano al potere senza più complessi: aspirano a prenderlo, con fiducia in sé, nel proprio ragionare, negli elettori».
Giuliano Pisapia ha vinto perché è stato bravo e sono stati bravi quelli attorno a lui, certo. Ma la sua vittoria è anche la dimostrazione che la società italiana è cambiata: chi ha meno di 35 anni è diventato adulto dopo la fine del secolo breve ed è anche per questo che l’anticomunismo di Berlusconi non funziona più. La stessa fascia d’età, dove Pisapia ha stravinto in termini di voti e militanti, è quella delle nuove partite IVA di cui ha scritto, puntualmente, Sergio Bologna (il manifesto 1/6/2011). Non è un caso che, al primo turno, Pisapia abbia riportato in questo mondo un vantaggio di 17 punti su Letizia Moratti. Si continuerà a guardare alle Partite IVA con le lenti dei socialisti modernisti degli anni Ottanta del secolo scorso o vi si riconosceranno i nuovi precari della cultura e dell’industria creativa, i giovani professionisti, le donne che si mettono in proprio e chi crea nuove produzioni e nuovo commercio sostenibile?
Le indagini sui flussi di voto ci dicono che sia Pisapia che De Magistris hanno beneficiato di un aumento della partecipazione prendendo voti di persone che si erano astenute negli ultimi anni. Ormai la televisione gioca un ruolo ridimensionato (anche questo ha a che fare con il tramonto del berlusconismo), mentre contano la Rete e i social network. La campagna per Pisapia è stata orizzontale, come solo quella di Obama 3 anni fa era riuscita a essere. Si è vista all’opera anche in politica quella che Roberta Carlini ha chiamato “l’economia del noi”: la capacità delle persone di costruire autonomamente ma insieme ad altri cittadini nuove produzioni e nuova società. Mentre in Spagna i giovani delusi dal Governo Zapatero occupavano le piazze chiedendo di votare scheda bianca, Pisapia, Zedda e De Magistris offrivano ai loro coetanei italiani ragioni di impegno e di schieramento politico.
Questa ondata di partecipazione è il frutto delle mobilitazioni degli ultimi anni: dai precari, alla scuola, ai ricercatori, agli operai, al mondo della cultura e ai movimenti per i beni comuni. Aveva invaso il campo in tante piazze italiane, il 13 febbraio, un movimento di donne in cui si sono riconosciuti migliaia di uomini. Non a caso chi si è mobilitato lo ha fatto per dei candidati antropologicamente diversi dalla volgarità e dal machismo berlusconiani.
Ciò detto, vincere le politiche non sarà facile. Che fare allora, per non sprecare questo capitale di entusiasmo e di mobilitazione e per sfruttare davvero i cambiamenti avvenuti nella società italiana? Pochi, incontrovertibili punti:
primo, fare le primarie e dare il via ad una grande mobilitazione: un’occasione con cui gli elettori si registrino come volontari per la campagna elettorale del centrosinistra;
secondo, stabilire una volta per tutte che l’alternativa parte dalla coalizione e dalle forze (non solo politiche) che hanno vinto in tante città e tante province;
terzo, dare una risposta politica (in termini di idee e di metodi) alla parte di società che si è mobilitata in questo ultimo anno: priorità alla cultura, welfare, lavoro, redistribuzione del reddito, “economia del noi” e sostenibile.
(Cecilia D’Elia, articolo apparso sul Manifesto)